Lollo Player Mondiale di Italian Food

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Lollo Player Mondiale di Italian Food

A GIORGIA
Pubblicato da Post 21 - Luigi De Gregorio in Lavoro · 15 Ottobre 2023
POST  21                                                                                                                                                                            15.10.2023
  
LOLLO      PLAYER     MONDIALE
di
ITALIAN     FOOD
 
 
PREMESSA

Giorgia ha rinviato la data del terzo incontro. Ne approfitto per presentare un’idea – progetto denominato MONRIT - Mondializzazione della Ristorazione Italiana.

Esso è in linea con l’auspicato clima di partecipazione alla creazione di nuovi posti di lavoro da parte degli Italiani.

In ogni caso, date le grandi dimensioni e la vasta visibilità nel mondo del progetto MONRIT, viene auspicato che la Premier ne possa prendere l’impegno di fronte agli Italiani e dare vita allo lo START UP della Rinascita dell'Orgoglio Nazionale.

Mentre ne deriva, per logica conseguenza, che il Ministro della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida assuma il ruolo di direttore di orchestra di un progetto internazionale ovvero diventi il player mondiale di Italian Food.


Cara Giorgia,

credo che tutti noi siamo fermamente convinti di quanto sia importante il lavoro. E seguendo questa certezza sento il dovere morale di ripetere, fino ad essere noioso, che in Italia IL LAVORO E’ LA PRIORITA’ DELLE PRIORITA’ (Post 6).

Una verità già espressa in una sorta di slogan paradigmatico che ripeto con insistenza e convinzione: Ci sono vari modi per salvare una persona che sta annegando. Ma ce n’è uno solo per il Paese che sta morendo: quello di creare nuovi posti di lavoro.

Premesso quanto sopra, oggi ti presento l’idea – progetto MONRIT: il primo dei Progetti Speciali che andrò a presentare nei prossimi post.

Per Speciali intendo quelli che non solo creano posti di lavoro, ma li possono produrre al più presto ed in numero rilevante. Ma, a questo scopo, devono avere due caratteristiche di base.

La prima: devono essere Progetti di settori in cui siamo bravi, nei quali abbiamo già esperienza, cultura, abilità. E pertanto non si è legati al fattore tempo per acquisirne il Kow how. Questa caratteristica permette di rispondere rapidamente all'urgenza sociale della mancanza di lavoro.

La seconda: occorre pensarli di grandi dimensioni, data l'ampiezza della situazione drammatica di milioni di disoccupati.

Alle suddette qualità, ritenute indispensabili, si aggiungono altri elementi che caratterizzano i progetti speciali quali:

- avere un respiro internazionale
- non richiedere necessariamente finanziamenti alla Stato Italiano
- non avere necessità di sottoporsi alla burocrazia
- produrre valore oltre che occupazione

In coerenza con quanto sopra, I Progetti Speciali che propongo in questo blog sono relativi a tre settori molto noti che, di certo, non hanno il sapore della originalità. Quest’ultima invece si manifesta in maniera audace e singolare nella modalità di rilancio che, prima di tutto, prevede la loro proiezione nel mercato mondiale. Essi, nell’insieme, sono in grado di creare nuovi posti di lavoro per alcuni milioni di persone.

E qui di seguito riporto la prima idea-progetto: MONRIT ossia la Mondializzazione della Ristorazione Italiana.


E' un coro unanime. Ma quanto è buona la cucina italiana! Ma quanto è sana la cucina italiana! Ci sono nutrizionisti, medici, chefs, cultori del cibo, testimonials italiani e stranieri che la incensano, glorificano, consigliano a chi vuole vivere meglio e più a lungo. Insomma un elogio continuo che quasi rischia di venire a noia. Come tutti i ritornelli, prima o poi, stufano. Ma la stizza nasce soprattutto dal fatto che, esso refrain, rimane fine a se stesso e non lo si lega al settore agroalimentare in crisi, nell'ambito di un intero Paese in crisi con milioni di disoccupati. E che, quindi, sarebbe meritevole di una maggiore attenzione. Anzi, di una pur minima attenzione, che porterebbe a dire: abbiamo un prodotto super, abbiamo una crisi super, facciamo qualcosa che unisca i due super. Invece niente.
Ma andiamo con ordine.
 
Come tutti i settori, il food risente della crisi dei consumi, figlia anche della crisi finanziaria del 2008 e degli sviluppi successivi. Solo in parte temperata dalle esportazioni. Quindi un settore in crisi e, nello stesso tempo, un settore che potrebbe utilizzare la sua immagine per realizzare un progetto che non solo recuperi la riduzione dei consumi interni (che sarebbe però un obiettivo riduttivo rispetto alla sua potenzialità), ma che vada a soddisfare il desiderio mondiale di food italiano. Al gradimento di quest'ultimo, se aggiungiamo la sua valenza salutistica, la colpevolezza di inerzia raggiunge l' irresponsabilità.
 
Per una ulteriore comprensione dell'assurdità. E' come se una multinazionale avesse un prodotto che piace al palato e fa bene alla salute (migliora ed allunga la vita) e non lo inserisse nei suoi progetti di sviluppo. Ed insistendo con le metafore. E' come se una famiglia in crisi di liquidità non volesse utilizzare i gioielli in suo possesso. Testarda, perdura in questo proposito fino a morirne.

Insomma il food italiano ha due punti di forza: il piacere gastronomico e la buona salute. Una missione edonistica ed una missione salutistica a livello planetario. Su quest'ultima si andrebbe incontro alla richiesta di tanti paesi di cultura occidentale, e non solo, che stanno affrontando il problema delle malattie sociali (con i relativi costi sociali) più strettamente legate all'alimentazione (diabete, obesità, malattie cardiocircolatorie etc...). Questi punti di forza sono importanti e di grande impatto. Andrebbero utilizzati opportunamente con progetti di dimensioni mondiali.
  
Tradizionalmente i prodotti italiani sono presenti nel mondo attraverso l'esportazione ed i ristoranti tipici italiani.
Abbiamo già accennato all'esportazione che, chiaramente, cavalca da sempre la bontà del food italiano. Esso vale circa 50/60 MRD di euro. Si cerca di potenziarla. Ma è un strada lenta, faticosa, legata allo sforzo delle singole aziende, se pur alcune riunite in consorzio, ma senza una politica comune con la relativa forza di aggregazione.
 
Una seconda via è quella dell'apertura spontanea di tanti ristoranti Italiani nel mondo, realizzata da piccoli imprenditori, a volte chefs italiani, che già vivono all'estero da tanti anni. I quali però lamentano la difficoltà ad accedere a prodotti di qualità italiani, dovendo passare presso le forche caudine del grossista del paese ospitante. In ogni caso quelli che provano a rifornirsi direttamente dall’Italia incappano in tanti ostacoli. Spesso rinunciano. E comunque le quantità in gioco, attraverso questo canale, sono limitate e rappresentano una quota minima delle esportazioni.

A questo punto dobbiamo inventare qualcosa di nuovo. Dobbiamo immaginare qualcosa che combini l'appeal gastronomico e salutistico del cibo italiano e la soluzione del principale problema della disoccupazione che attanaglia il Paese. Un progetto pensato su grandi numeri che, attraverso le potenzialità di mercato del food italiano, dia un grande contributo alla creazione di posti d lavoro. L'idea dei grandi numeri, la si vede possibile, pensando alla realizzazione di una grande rete di Punti di Ristorazione. Ma questi quanti devono essere per avere un risultato significativo?
  
Guardiamo la realtà, la Mac Donald la più grande catena di ristoro del mondo.
Molti possono arricciare il naso per questo accostamento. Che in verità riguarda solo gli aspetti quantitativi e, più precisamente, la numerosità dei PR (Punti di Ristorazione), senza che, ovviamente, ci sia alcuna commistione con la parte qualitativa del food.
Dai dati della Mc Donald (pur variando nei vari anni) risulta che, mediamente, ogni PR dà da mangiare a 1.000 persone al giorno (per 2 pasti al giorno).
Ciò significa che una possibile Rete di Italian food di 12.000 PR darebbe da mangiare a 12 milioni di persone (per 2 pasti al giorno), equivalenti al 20 % della popolazione italiana.
A questo punto l'idea base c'è. Attraverso una rete di PR in tanti paesi all’Estero offriamo piatti della cucina italiana con prodotti esclusivamente italiani. Sarebbe come se incrementassimo i consumi interni del 20 %.
E considerando che la filiera agroalimentare, comprensiva dei trasporti e della distribuzione, occupa un numero di persone di circa 4 milioni, si avrebbe una crescita potenziale tra 400.000/800.000 nuovi posti di lavoro.
 
Precisiamo subito che non ci riferiamo a quelli che si creano per il funzionamento della Rete in quanto ubicati all'Estero, ma a quelli creati direttamente in Italia nel settore agroalimentare.
  
La rete di 12.000 PR è realizzabile in almeno 14 paesi e, precisamente, in Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Belgio, Olanda, Danimarca, Portogallo per l'Europa. Cina, Giappone, Corea del Sud per l'Asia.  Australia per l'Oceania e, infine,  Usa e Canada per il Nord America.
 
 
La domanda ostacolante quanto precede, ma certamente interessante, potrebbe essere: in quanto tempo è realizzabile una rete di 12.000 PR? In termini provocatori potremmo dire che per costruire l'intera rete occorre il tempo necessario per la realizzazione di un solo P.R. La spiegazione è semplice. I PR sono indipendenti l'uno dall'altro. Cioè realizzabili singolarmente senza alcun vincolo tra di loro. Vale a dire contemporaneamente, sia nei suddetti 14 paesi, sia nelle varie città degli stessi paesi. Una doppia contemporaneità che permetterebbe una elevata velocità di realizzazione. Che è ottenibile solo mediante una buona capacità organizzativa. Non è qui il caso di approfondire la struttura organizzativa per suddetta realizzazione. Né di analizzare il sistema di controllo che prevede interventi rapidi al minimo accenno di segnali di ritardo. Aziende americane e cinesi (ma non si esclude che ve ne siano anche italiane) impiegherebbero un anno per la progettazione operativa e per la realizzazione di un PR Pilota e due anni, al massimo, per l'avviamento e la realizzazione della Rete.
 
 
Circa l'investimento totale, esso dipende da alcune variabili: la metratura media dei vari locali, il livello di arredamento che si vuole realizzare. Una prima stima si aggirerebbe sugli 8/10 MRD di euro. Naturalmente niente impedisce di fare una realizzazione attraverso vari step. Ad esempio 6000 più 6000, oppure 4000, più 4000, più 4000. Ciò che cambia è l’avere un risultato più lento, ma certamente progressivo. E, parimenti, un investimento diluito in maggior tempo. Ma quella degli step è una decisione che può essere presa in una fase successiva.
  
Circa il finanziamento del progetto esso potrebbe essere totalmente italiano. Ma sono possibili, e forse augurabili, partnership internazionali. Non si escludono accordi particolari con partner di quei paesi (Cina ed Usa) in cui sono da realizzarsi quote importanti della catena MONRIT. Circa il ritorno sull'investimento è noto che le catene food sono redditizie. Data la numerosità e la diversità dei paesi interessati, mediamente si può indicare un Roi (Return on investment) tra il 25 ed il 30%.
  
Conclusione. Date le grandi dimensioni e la vasta visibilità nel mondo, il progetto MONRIT può rappresentare lo START UP della Rinascita dell'Orgoglio Nazionale e l'inizio della nuova imprenditorialità del Paese.
 
 
Cara Giorgia, a parte la validità del Progetto, su cui ho la piena convinzione, ciò su cui occorre un approfondimento è dato da: la capacità di realizzazione e chi dovrebbe assumerne la responsabilità.
 
Voglio essere chiaro. Se pur con le dovute deleghe, dovresti assumerti l’incarico di questa idea-progetto con tutto l’onere e l’onore che ne derivano. Mentre il Ministro dell’Agricoltura e delle sovranità alimentare Francesco Lollobrigida assumerebbe il ruolo di Direttore Organizzativo del progetto.
 
Dareste inizio ad una nuova era della classe politica. Porreste fine al tradizionale comportamento di chiacchiere & poltrone per dare vita ad un nuovo abbinamento: idee e fatti. E tutto sarebbe in perfetta coerenza con la novità rappresentata dal Cigno Nero (Post 18).
 
 
 
COSA PENSA FILIPPO DELL’IDEA - PROGETTO MONRIT
 
 
FIL  Io non entro nel merito dei numeri, ma sulla validità dell’idea sono perfettamente d’accordo. Poiché non possiamo spingere i consumi interni (data la minor capacità d’acquisto degli Italiani e la crescente denatalità), con la Rete di PR possiamo fare in modo che all’estero mangino i nostri prodotti alimentari.
  
LDG  Come se la nostra popolazione crescesse del 20 %.
  
FIL   E nulla vieta che la rete di 12.000 PR possa aumentare ulteriormente.
  
LDG  Ricordiamo che la rete di Mac Donald è di oltre 36.000 PR.
  
FIL   E poi i prodotti italiani hanno la fama di essere di buon gusto e di far bene alla salute.
 
LDG  Ci manca la forza organizzativa.

FIL  Insomma l’insieme della Premier, del Ministro della sovranità alimentare e di altre competenze necessarie di un’intera nazione, non riuscirebbe a realizzare una rete mondiale di PR? Insomma un‘intera nazione  non riuscirebbe a fare ciò che ha fatto un privato il signor Mc Donald?

LDG La situazione in cui si trova il Paese richiederebbe l’impegno dello Stato in coerenza  anche all’articolo 1 della Costituzione che dice l’Italia è un Paese fondato sul lavoro.

FIL  E’ evidente che, quando tu parli d’innovazione della politica, intendi anche questo eventuale impegno diretto dello Stato.

LDG   Certo. E avremmo la Premier che se ne assume la responsabilità generale, mentre il cognato Lollo ne sarebbe impegnato come un Direttore di orchestra. Insomma Francesco Lollobrigida come Ministro della sovranità alimentare sarebbe il vero player mondiale di Italian Food.

In definitiva. I cittadini sono pronti: hanno di nuovo nel loro animo la speranza che i politici attuali si diano una mossa e cambino comportamento rispetto a quelli del trentennio, caratterizzato solo da Chiacchiere & Poltrone.
Lollo potrebbe essere il primo esempio di Ministro del fare dell’era del Cigno Nero.


Un cordiale saluto.

Luigi De Gregorio - Un cittadino comune  
 
 


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